Cavolfiore Precoce
Il cavolfiore è il nome volgare della varietà botrytis del cavolo
(Brassica oleracea), una pianta appartenente alla famiglia delle
Brassicaceae dette anche Cruciferae per la caratteristica simmetria a
croce dei loro fiori provvisti di quattro petali. Il cavolfiore è una
pianta erbacea biennale con foglie dalle caratteristiche venature
principali estremamente sporgenti e la radice a fittone.
La parte commestibile detta testa o palla non è un fiore né un frutto, e
deriva dall’ingrossamento unito alla ripetuta ramificazione dell’apice
dell’asse principale della pianta, mentre i fiori veri e propri sono
gialli, riuniti in racemi che si sviluppano a partire da peduncoli che
originano dalla testa, e i frutti che derivano da essi e contengono
numerosi semi tondi e scuri sono silique. Il cavolfiore può essere sia
bianco che verde e viene suddiviso in varietà nataline cioè precoci,
tadive o carnevalesche, e molto tardive o pasqualine.
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giovedì 25 luglio 2013
giovedì 18 luglio 2013
Le carote vere
Nere, gialle, bianche e rosse.
Un arcobaleno di carote ...
Ciascun colore denota la presenza di un particolare elemento nutrizionale, alleato nella prevenzione di diversi disturbi
In origine la carota era nera (scura, violacea).
Stupirà forse apprendere che il viola è in realtà il colore originario delle carote diffuse in Europa a partire dal 1100 e che la carota arancione è stata sviluppata nei Paesi Bassi solo nel 17° secolo.
Proveniva dall'Afghanistan.
Poi gli olandesi, i più grandi produttori, nel 1500, in onore del re Guglielmo d'Orange, la fecero diventare arancione con una serie di incroci, con altre carote giunte dal nuovo mondo.
La famiglia botanica delle Apiaceae (una volta denominata Umbelliferae) comprende più di 3000 specie diverse.
Un buon numero di queste ha trovato un uso in cucina come verdure o spezie: coriandolo, cumino, finocchio, sedano, prezzemolo.
La più coltivata però è la carota.
Sia la carota selvatica che quella coltivata appartengono alla specie Daucus carota.
A causa della grande variabilità all’interno della specie vengono classificate diverse sottospecie, basandosi sul tipo di infiorescenza, sul frutto o su altre caratteristiche.
La carota selvatica (asiatica) è ampiamente diffusa dalla costa atlantica fino alla Cina, ha una radice bianca, sottile, dura e amara, non troppo appetibile e decisamente poco commestibile.
Uno dei problemi del tracciare una storia della carota nell’antichità è la confusione che esisteva in passato tra questa specie e una diversa ma somigliante.
La Pastinaca sativa, chiamata a volte carota bianca o semplicemente carota dagli antichi Romani.
Plinio il vecchio (23-79 BC) descrive quattro tipi di carote selvatiche.
Galeno, nel secondo secolo, distingue correttamente le carote dalle pastinache, e menziona esplicitamente coltivazioni di carote a scopo medicinale.
Le carote moderne vennero domesticate e coltivate per la prima volta in Afghanistan circa 5000 anni fa.
Mentre le carote selvatiche sono bianche o al più giallo pallido, le prime carote coltivate in quella regione erano viola e gialle.
Verso la fine del medioevo le carote gialle e viola furono introdotte nel bacino del mediterraneo dagli arabi.
Arrivarono in Spagna nel 12° secolo, in Italia nel 13°, in Francia, Germania e Paesi Bassi nel 14° e in Gran Bretagna nel 15° secolo.
Oggi la versione nera torna sulla scena con la collega arancione.
E via anche a una serie di altri colori: anche, gialle, rosse e bianche per aiutare a curare o prevenire malattie diverse.
Nulla a che vedere con gli Ogm, ma una realtà in molte coltivazioni tradizionali all'estero e anche in Italia.
Oggi nei paesi occidentali quasi nessuno mangia carote che non siano arancioni.
In passato qualcuno ha già provato a reintrodurre le carote “originarie”, ma con scarso successo.
Le carote diverse dall’ormai familiare arancione vengono viste da molte persone con sospetto, “innaturali”.
Invece le carote non arancioni sono le più naturali perchè sopravvissute alle innovazioni degli incroci eseguite dagli olandesi.
La carota nera, o purple carrot, è ricca di antociani, quelli che si trovano nei mirtilli o nel vino rosso: antiossidante, contro i radicali liberi, i danni provocati dalle radiazioni ultraviolette, la fragilità capillare, per chi ha problemi di circolazione e di origine infiammatoria.
Quella gialla, con un alto contenuto di luteina, invece, per chi ha problemi agli occhi.
Questa sostanza, infatti, aumenta la densità del pigmento maculare della retina e riduce i rischi di degenerazione.
E infine, carote arancioni, con il loro famoso betacarotene, ma non tutte le carote arancioni ne contengono la stessa quantità.
Un arcobaleno di carote ...
Ciascun colore denota la presenza di un particolare elemento nutrizionale, alleato nella prevenzione di diversi disturbi
In origine la carota era nera (scura, violacea).
Stupirà forse apprendere che il viola è in realtà il colore originario delle carote diffuse in Europa a partire dal 1100 e che la carota arancione è stata sviluppata nei Paesi Bassi solo nel 17° secolo.
Proveniva dall'Afghanistan.
Poi gli olandesi, i più grandi produttori, nel 1500, in onore del re Guglielmo d'Orange, la fecero diventare arancione con una serie di incroci, con altre carote giunte dal nuovo mondo.
La famiglia botanica delle Apiaceae (una volta denominata Umbelliferae) comprende più di 3000 specie diverse.
Un buon numero di queste ha trovato un uso in cucina come verdure o spezie: coriandolo, cumino, finocchio, sedano, prezzemolo.
La più coltivata però è la carota.
Sia la carota selvatica che quella coltivata appartengono alla specie Daucus carota.
A causa della grande variabilità all’interno della specie vengono classificate diverse sottospecie, basandosi sul tipo di infiorescenza, sul frutto o su altre caratteristiche.
La carota selvatica (asiatica) è ampiamente diffusa dalla costa atlantica fino alla Cina, ha una radice bianca, sottile, dura e amara, non troppo appetibile e decisamente poco commestibile.
Uno dei problemi del tracciare una storia della carota nell’antichità è la confusione che esisteva in passato tra questa specie e una diversa ma somigliante.
La Pastinaca sativa, chiamata a volte carota bianca o semplicemente carota dagli antichi Romani.
Plinio il vecchio (23-79 BC) descrive quattro tipi di carote selvatiche.
Galeno, nel secondo secolo, distingue correttamente le carote dalle pastinache, e menziona esplicitamente coltivazioni di carote a scopo medicinale.
Le carote moderne vennero domesticate e coltivate per la prima volta in Afghanistan circa 5000 anni fa.
Mentre le carote selvatiche sono bianche o al più giallo pallido, le prime carote coltivate in quella regione erano viola e gialle.
Verso la fine del medioevo le carote gialle e viola furono introdotte nel bacino del mediterraneo dagli arabi.
Arrivarono in Spagna nel 12° secolo, in Italia nel 13°, in Francia, Germania e Paesi Bassi nel 14° e in Gran Bretagna nel 15° secolo.
Oggi la versione nera torna sulla scena con la collega arancione.
E via anche a una serie di altri colori: anche, gialle, rosse e bianche per aiutare a curare o prevenire malattie diverse.
Nulla a che vedere con gli Ogm, ma una realtà in molte coltivazioni tradizionali all'estero e anche in Italia.
Oggi nei paesi occidentali quasi nessuno mangia carote che non siano arancioni.
In passato qualcuno ha già provato a reintrodurre le carote “originarie”, ma con scarso successo.
Le carote diverse dall’ormai familiare arancione vengono viste da molte persone con sospetto, “innaturali”.
Invece le carote non arancioni sono le più naturali perchè sopravvissute alle innovazioni degli incroci eseguite dagli olandesi.
La carota nera, o purple carrot, è ricca di antociani, quelli che si trovano nei mirtilli o nel vino rosso: antiossidante, contro i radicali liberi, i danni provocati dalle radiazioni ultraviolette, la fragilità capillare, per chi ha problemi di circolazione e di origine infiammatoria.
Quella gialla, con un alto contenuto di luteina, invece, per chi ha problemi agli occhi.
Questa sostanza, infatti, aumenta la densità del pigmento maculare della retina e riduce i rischi di degenerazione.
E infine, carote arancioni, con il loro famoso betacarotene, ma non tutte le carote arancioni ne contengono la stessa quantità.
giovedì 11 luglio 2013
I finocchi danno molte soddisfazioni
Coltivare il finocchio è abbastanza impegnativo.
Ma dà molte soddisfazioni
Come dice il mio amico Marco, la lavatrice nello stomaco, ho capito che era il caso di tenersi leggeri per qualche giorno.
Il finocchio è buono in tutte le stagioni, perché in tutte le stagioni si semina e si raccoglie.
Come si coltiva?
Il terreno che deve ospitare il finocchio deve essere preparato con cura e assicurare il perfetto sgrondo dell’acqua.
La coltura, che si attua sia partendo dalla semina diretta che dalla produzione di piantine con pane di terra
e successivo trapianto, va seguita con costanti ma contenute irrigazioni.
L’imbianchimento migliora la qualità
e l’aspetto del prodotto. È la sclerotinia la malattia più dannosa che colpisce questo ortaggio.
Essendo il finocchio nella maggior parte dei casi una coltura di secondo raccolto, risulta problematica la lavorazione dei terreni pesanti, dato che è difficile poterli preparare in tempi brevi per accogliere la coltura.
Quindi, nel caso si abbiano terreni particolarmente compatti, può risultare difficile poter attuare questa coltura, a meno che non si disponga di aiole lavorate da anni, in cui risulti quindi agevole la sistemazione superficiale del suolo.
Rotazione
Non è opportuno mettere a dimora il finocchio per due o tre anni di seguito nella stessa aiola e piante che appartengono alla sua stessa famiglia botanica (carota, sedano, prezzemolo).
Concimazione organica
In genere, data la relativa brevità del ciclo produttivo, è opportuno non utilizzare direttamente letame o compost per questa coltura, ma seminare il finocchio dopo una coltura letamata abbondantemente (come ad esempio lo zucchino).
Pacciamatura
La pacciamatura non è pratica comune per questa coltura, anche se è possibile utilizzare materiali vegetali (come la paglia) da rimuovere prima di porre in bianco le piante (imbianchimento).
Protezione dal freddo
Per riparare le piante dai primi freddi si possono impiegare veli di tessuto non tessuto da collocare direttamente sulle piante in at-tesa della raccolta.
Imbianchimento
L’imbianchimento consente di migliorare sia la qualità che l’aspetto dei grumoli, rendendoli completamente
bianchi.
Si esegue rincalzando le piante, cosa che risulta più facile in suoli tendenzialmente sciolti.
L’imbianchimento va eseguito circa quindici giorni prima della raccolta, con grumoli quasi completamente formati, oppure effettuando più rincalzature (3-4) da quando i grumoli cominciano ad ingrossarsi.
Il terreno deve essere accostato alle piante e coprire buona parte del grumolo.
La Raccolta
La raccolta si esegue quando i finocchi hanno raggiunto le dimensioni caratteristiche della varietà; in ogni caso il grumolo deve essere ben formatoe compatto.
La raccolta negli orti familiari va eseguita scalarmente ma, come accennato, nelle varietà precoci è necessario effettuarla con molta sollecitudine perché una volta che i grumoli hanno raggiunto le massime dimensioni possono deformarsi.
La raccolta si esegue scalzando le piante con una vanga e ponendo attenzione a non danneggiare i grumoli che sono sensibili alle ammaccature.
Subito dopo la raccolta si tolgono ai finocchi le due foglie più esterne (soprattutto se si presentano guaste o avariate), si taglia a filo la grossa radice e si mozzano i piccioli asportando così gran parte delle foglie.
I grumoli si pongono quindi delicatamente in una cassetta, e dopo accurato lavaggio sono pronti per il consumo.
Da dieci metri quadrati di superficie coltivata a finocchio si possono raccogliere 20-30 chilogrammi di prodotto pulito.
Ma dà molte soddisfazioni
Come dice il mio amico Marco, la lavatrice nello stomaco, ho capito che era il caso di tenersi leggeri per qualche giorno.
Il finocchio è buono in tutte le stagioni, perché in tutte le stagioni si semina e si raccoglie.
Come si coltiva?
Il terreno che deve ospitare il finocchio deve essere preparato con cura e assicurare il perfetto sgrondo dell’acqua.
La coltura, che si attua sia partendo dalla semina diretta che dalla produzione di piantine con pane di terra
e successivo trapianto, va seguita con costanti ma contenute irrigazioni.
L’imbianchimento migliora la qualità
e l’aspetto del prodotto. È la sclerotinia la malattia più dannosa che colpisce questo ortaggio.
Essendo il finocchio nella maggior parte dei casi una coltura di secondo raccolto, risulta problematica la lavorazione dei terreni pesanti, dato che è difficile poterli preparare in tempi brevi per accogliere la coltura.
Quindi, nel caso si abbiano terreni particolarmente compatti, può risultare difficile poter attuare questa coltura, a meno che non si disponga di aiole lavorate da anni, in cui risulti quindi agevole la sistemazione superficiale del suolo.
Rotazione
Non è opportuno mettere a dimora il finocchio per due o tre anni di seguito nella stessa aiola e piante che appartengono alla sua stessa famiglia botanica (carota, sedano, prezzemolo).
Concimazione organica
In genere, data la relativa brevità del ciclo produttivo, è opportuno non utilizzare direttamente letame o compost per questa coltura, ma seminare il finocchio dopo una coltura letamata abbondantemente (come ad esempio lo zucchino).
Pacciamatura
La pacciamatura non è pratica comune per questa coltura, anche se è possibile utilizzare materiali vegetali (come la paglia) da rimuovere prima di porre in bianco le piante (imbianchimento).
Protezione dal freddo
Per riparare le piante dai primi freddi si possono impiegare veli di tessuto non tessuto da collocare direttamente sulle piante in at-tesa della raccolta.
Imbianchimento
L’imbianchimento consente di migliorare sia la qualità che l’aspetto dei grumoli, rendendoli completamente
bianchi.
Si esegue rincalzando le piante, cosa che risulta più facile in suoli tendenzialmente sciolti.
L’imbianchimento va eseguito circa quindici giorni prima della raccolta, con grumoli quasi completamente formati, oppure effettuando più rincalzature (3-4) da quando i grumoli cominciano ad ingrossarsi.
Il terreno deve essere accostato alle piante e coprire buona parte del grumolo.
La Raccolta
La raccolta si esegue quando i finocchi hanno raggiunto le dimensioni caratteristiche della varietà; in ogni caso il grumolo deve essere ben formatoe compatto.
La raccolta negli orti familiari va eseguita scalarmente ma, come accennato, nelle varietà precoci è necessario effettuarla con molta sollecitudine perché una volta che i grumoli hanno raggiunto le massime dimensioni possono deformarsi.
La raccolta si esegue scalzando le piante con una vanga e ponendo attenzione a non danneggiare i grumoli che sono sensibili alle ammaccature.
Subito dopo la raccolta si tolgono ai finocchi le due foglie più esterne (soprattutto se si presentano guaste o avariate), si taglia a filo la grossa radice e si mozzano i piccioli asportando così gran parte delle foglie.
I grumoli si pongono quindi delicatamente in una cassetta, e dopo accurato lavaggio sono pronti per il consumo.
Da dieci metri quadrati di superficie coltivata a finocchio si possono raccogliere 20-30 chilogrammi di prodotto pulito.
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